Nel settembre 2003 le Linee Guida della Società Europea di Cardiologia decretavano la superiorità dell’angioplastica primaria rispetto sulla trombolisi. Ma ciò che in realtà quelle Linee Guida sancivano non era solo e semplicemente la superiorità di una metodica su un’altra, ma un approccio metodologico al paziente con STEMI completamente differente. Ciò che veniva ratificato era la presenza e l’importanza di una rete strutturata e codificata, costituita da professionisti, da strutture e da percorsi, all’interno della quale doveva essere gestito il paziente con STEMI. Questo ha determinato risultati straordinari, in termini di miglioramento dell’outcome e della qualità di vita del paziente infartuato. Ma dopo dodici anni è tempo di fare un bilancio, di rivalutare gli esiti e gli indicatori di performance. Quello che emerge è sicuramente una realtà italiana in cui alcune zone hanno bisogno di completare un progetto di rete per lo STEMI o in cui la rete esiste formalmente ma deve essere ancora resa pienamente compiuta nella pratica. Un indicatore assolutamente importante è il ritardo che quando è dovuto a difficoltà organizzative o strutturali della rete è sicuramente un ritardo “evitabile” sul quale bisogna agire facendo manutenzione e apportando correttivi. Purtroppo parte del ritardo è dovuto come è noto a fattori dipendenti dal paziente e in questo caso l’unica risposta fattibile è quella di una continua azione educativa verso i cittadini. Ed è proprio nelle situazioni in cui la rete non ha per problemi strutturali ottime performance che l’angioplastica primaria perde parte delle sue potenzialità e corre il rischio di diventare harmfull. In questo contesto assume grande valore la trombolisi che deve essere una alternativa limitata e circoscritta a casi selezionati e che non può diventare l’alibi per non strutturare o migliorare una rete ben organizzata. Sulla base delle conoscenze acquisite con il sistema Hub and Spoke delle reti per lo STEMI, è diventato sempre più attuale una strutturazione di una rete per il NSTEMI ovviamente con tempi e gradi di urgenza diversa. Questo pero ha grande importanza, perché un tale sistema evita di lasciare in centri Spoke pazienti con NSTEMI che non accedono allo stesso livello di assistenza dei pazienti ricoverati nei centri Hub e consente di liberare posti letto nei centri Hub che possono essere impiegati per pazienti più gravi. La strutturazione di reti per la gestione del paziente con NSTEMI, analoghe a quelle strutturate per il paziente STEMI, appare essere un obiettivo importante da percorrere e da implementare. Altro capitolo estremamente importante affrontato nella sessione è stata la gestione del paziente in shock cardiogeno. Anche qui si sta facendo sempre più evidente, la necessità di strutturare una rete per la gestione dei pazienti colpiti da questa difficile complicanza. I motivi per cui appare indicato ripresentare anche in questo caso un modello Hub and Spoke sono semplici. Lo shock cardiogeno è una patologia rara e ad altissima mortalità nella quale è fondamentale agire presto e con tutte le possibilità umane e strumentali a disposizione. Questo fa sì che una tale situazione debba essere affrontata in centri selezionati dove vengono convogliati i pazienti afferenti ad un territorio che non potrà essere la provincia ma almeno il livello regionale. La regione Emilia Romagna ha già approntato un modello di gestione per lo shock cardiogeno di tipo Hub and Spoke identificando nelle Cardiochirurgie le strutture che possono provvedere fino al livello di posizionamento dei sistemi di assistenza ventricolare e nei centri trapianti il livello di assistenza successivi.