SIMPOSIO LE UTIC CELEBRANO INSIEME ALL’ANMCO 60 ANNI DI STORIA

di Carlo Barsali

La sessione viene moderata dalla dottoressa Serafina Valente. La prima relazione è realizzata dal dottor Fabrizio Oliva che ripercorre le tappe dell’evoluzione dell’UTIC.

L’idea delle unità coronariche nacque da Julian Desmond che alla British Cardiac Society nel 1961 descrive quella che dovrebbe essere la terapia intensiva cardiologica. La prima area di osservazione intensiva dei pazienti con Infarto miocardico acuto fu aperta nel 1962 a Kansas City mentre in Italia la prima Unità Coronarica fu aperta nel 1967 da Fausto Rovelli all’Ospedale Niguarda di Milano.

All’interno dell’evoluzione delle terapie intensive cardiologiche vi è stata una progressiva modifica sia del tipo di patologie più frequentemente riscontrante che delle tipologie dei pazienti che vi accedevano. Infatti, si è assistito ad una progressiva riduzione degli infarti del miocardico con sovraslivellamento del tratto ST (STEMI) ed un progressivo aumento degli infarti miocardici acuti senza sovraslivellamento del tratto ST (NSTEMI) come anche degli shock cardiogeni. Il paziente è diventato progressivamente più anziano e polipatologico con quindi una progressiva necessità di trattamenti non solo strettamente cardiologici. Si deve quindi cercare di ridefinire il tipo di paziente da ricoverare, le competenze del Cardiologo intensivista, il ruolo, la distribuzione e la definizione stessa dell’UTIC.

Prosegue la discussione il dottor Leonardo de Luca sulla ricerca clinica in UTIC e su come essa abbia influenzato la pratica clinica, impattando direttamente sull’outcome dei pazienti. Il tutto nasce dallo studio GISSI, uno dei primi studi indipendenti, finanziato autonomamente che valutasse un trattamento su ampia scala. Da questo si sono succeduti molteplici studi, sia epidemiologici, come i vari Blitz, che terapeutici. E cosa ha permesso tutto ciò? Il miglioramento del trattamento, della gestione e della prognosi di pazienti.

La sessione prosegue con il Dottor Paolo Trambaiolo che affronta il ruolo delle UTIC Spoke. Ma cosa è un UTIC Spoke? Sono centri che raccolgono pazienti di complessità inferiore rispetto ai centri HUB, in teoria, capaci di gestire pazienti più complessi dal punto di vista terapeutico. Il relatore rimarca come vi sia una differenza da regione a regione delle UTIC e di come vi sia una necessità della riorganizzazione del sistema delle UTIC stesso. Secondo l’autore, in virtù del cambiamento del tipo del paziente e delle patologie più rappresentate all’interno delle UTIC, si dovrebbe anche cambiare il nome in UCIC (unità di cure intensive cardiologiche). Il relatore propone un nuovo sistema di nomenclatura delle UTIC in classi progressive da C, con standard di cura più bassi, B, intermedi, e A, molto elevati, e definisce quelli che dovrebbero essere i requisisti di personale e di strumentazione per ogni livello.

Conclude la sessione la dottoressa Lettino che analizza le nuove competenze che il Cardiologo intensivista dovrebbe avere. In virtù del cambiamento del tipo di paziente e delle patologie riscontrate le competenze sono, di conseguenza, cambiate. Secondo la relatrice, il Cardiologo intensivista dovrebbe padroneggiare la ventilazione meccanica, il supporto emodinamico al circolo con vasopressori e vasodilatatori, il monitoraggio cardiaco invasivo, gli accessi vascolari complessi e i meccanismi meccanici di supporto al circolo. Uno studio ha confortato l’impatto della presenza di un cardiologo intesivista rispetto ad un cardiologo “convenzionale” sull’outcome del paziente critico e ha evidenziato un abbattimento marcato della mortalità per eventi cardiovascolari. Sarebbero quindi da realizzarsi nuovi programmi di formazione per i Cardiologi intesivisi al fine di permettere una gestione ottimale del paziente critico.

Carlo Barsali
Carlo Barsali