SIMPOSIO CONGIUNTO ANMCO-SIC-IFC: QUALE IMPATTO HANNO AVUTO LE LLGG ESC 2022 NELLA PRATICA CLINICA

di Francesco Lisi

Grande valore scientifico hanno avuto le relazioni che si sono tenute in questo sabato mattina presso la Sala del Borgo che hanno avuto al centro le novità delle linee guida ESC del 2022. La sessione è stata moderata dal Prof. Gianfranco Sinagra e dal Prof. Stefano Urbinati.

La prima relazione tenuta proprio dal Prof. Sinagra ha mostrato gli aspetti salienti delle novità contenute all’interno delle nuove linee guida sull’ipertensione arteriosa polmonare. Ricordando che l’ipertensione arteriosa polmonare è stata caratterizzata in 5 gruppi di cui il gruppo 1, 4 e 5 risultano molto rari, l’attenzione è stata posta soprattutto sul gruppo 1 nel quale esistono delle novità importanti, che invece non ci sono particolarmente negli altri gruppi. È stato sottolineato come la latenza diagnostica continua ad essere un serio problema soprattutto dal punto di vista di approccio terapeutico ed outcome. Grande peso viene dato alle comorbilità che può portare ad una caratterizzazione più precisa del rischio e ad una ottimizzazione della terapia. Infine, è stato stressato il concetto della novità circa la riclassificazione nel tempo del paziente che ha iniziato la terapia per ipertensione polmonare.

Sicuramente illuminante perché ricca di novità assolute è stata la presentazione della Dott.ssa Irma Bisceglia sulle linee guida del 2022 sulla cardioncologia che sostanzialmente rappresentano una novità assoluta. Il tema principale è la nuova definizione di cardiotossicità. Essa non prevede la sola disfunzione ventricolare sinistra ma un quadro di danno cardiovascolare più ad ampio spettro. Pertanto, hanno preso piede molto sia la valutazione ecocardiografica del Global longitudinal strain che quella delle troponine. Altro tema centrale proposto ha riguardato la valutazione della cardiotossicità a largo spettro. Essa non deve essere valutata solo nella fase iniziale del trattamento, ma il rischio deve essere calcolato pre-trattamento, durante lo stesso e nella fase successiva alla remissione. Testarlo a distanza è la vera sfida che lanciano queste linee guida; il gruppo dei pazienti che ha terminato la terapia e sono sopravvissuti o meglio ancora hanno avuto una remissione vanno valutati in quanto i dati di outcome come la mortalità negli anni successivi non sono incoraggianti.

La valutazione del rischio è composta da tanti elementi, alcuni derivanti dalle caratteristiche del paziente ma anche dai trattamenti precedentemente eseguiti per altre patologie. Il rischio può essere calcolato in un livello basso, intermedio, alto e molto alto: dando all’oncologo una indicazione importante.

La terza relazione tenuta dal Dott. Massimo Grimaldi è stata incentrata invece, sulle aritmie ventricolari e la morte improvvisa. La relazione che ha preso in rassegna tutte le varie condizioni che possono portare a morte cardiaca improvvisa per aritmie ventricolari parte con una slide che riporta la tabella delle linee guida in cui è mostrata per le diverse condizioni patologiche la eventuale caratterizzazione genetica, il tipo di fattore di innesco, l’età in cui più frequentemente si manifestano le aritmie e se le aritmie risultassero essere maggiormente polimorfe o monomorfe. Sicuramente le linee guida hanno sostenuto due concetti iniziali:

  • in primis che la rianimazione cardiopolmonare andrebbe insegnata diffusamente e che i defibrillatori dovrebbero essere presenti soprattutto nei luoghi con alta concentrazione di persone e con ampia affluenza.
  • in secundis che bisognerebbe cercare quanto più possibile di trattare in maniera massimale la patologia sottostante (quale può essere lo scompenso cardiaco oppure la cardiopatia ischemica cronica).

Sono poi state portate in rassegna le principali novità per le diverse aritmie. Tra le più importanti, l’indicazione stretta ad ablazione delle extrasistoli ventricolari ad origine dal tratto di efflusso o dell’emifascicolo, mentre per le altre forme è utile impostare terapia farmacologica adeguata. Inoltre, grande attenzione nelle linee guida è stata posta all’utilizzo della risonanza magnetica cardiaca e dei test genetici che nella caratterizzazione dei pazienti aritmici, risulta ormai centrale e strettamente necessaria.

L’ultima relazione è stata condotta dal Prof. Stefano Urbinati e riguardava le linee guida sulla gestione della chirurgia non cardiaca. Partendo dalla considerazione che queste non sono un decalogo da seguire, le linee guida partono da quanto già appreso nel 2014 e che la capacità funzionale era fondamentale per il rischio oltre a test non invasivi che potessero valutare la possibilità di ischemia peri-operatoria. Per prevenire l’infarto peri-operatorio (dati li abbiamo dalla scuola canadese) come primo passaggio è fondamentale capire se l’intervento è di rischio basso, intermedio o alto. Le linee guida sono molto centrate sull’utilizzo dei biomarker come stratificatori della prognosi. Infatti, tutti i pazienti che devono essere sottoposti ad intervento a rischio intermedio dovrebbero eseguire oltre ad una visita ed un elettrocardiogramma, anche il dosaggio di biomarcatori quali l’NTproBNP e la troponina. Ovviamente la positività di uno o dell’altro non è indicativo di scompenso cardiaco acuto o di infarto miocardico acuto di tipo peri-operatorio tale da necessitare del ricovero in cardiologia o di una coronarografia urgente (condizione, tra l’altro, molto rara come documentato da molti studi). Invece la loro valutazione deve servire alla valutazione generale del paziente e può essere utile per indirizzare il trattamento post-operatorio per prevenire outcome sfavorevoli. Ultimo argomento trattato ha riguardato la fibrillazione atriale peri-operatoria o post-operatoria. Nelle ultime linee guida indicano che la raccomandazione all’anticoagulazione a lungo termine è più debole (IIB) nel paziente sottoposto ad intervento cardiochirurgico rispetto al paziente sottoposto a chirurgica extra-cardiaca (IIA).

Francesco Lisi
Francesco Lisi