Nuovi biomarcatori: come non disorientarsi!

Annamaria Iorio
"La disponibilità di un «numero» facile da leggere è solo una apparente semplificazione del problema"

Se qualche tempo fa il problema era avere qualche biomarcatore a supporto della pratica clinica nello scompenso cardiaco, oggi il rischio è quello di disorientarsi tra i tanti biomarcatori disponibili. Nel corso degli ultimi anni, infatti, è stato individuato un gran numero di variabili biologiche candidate a rappresentare biomarcatori utili nello scompenso cardiaco. In un contesto di complessità clinica e fisiopatologica, di eterogeneità di presentazione, di coesistente comorbidità, e non ultimo di variabilità alla risposta terapeutica, come si osserva nello scompenso cardiaco, c’è stata infatti una crescente necessità di tracciare profili specifici servendosi anche di biomarcatori in grado di fornire misure oggettive. E se una <p> di correlazione non si nega a nessuno, per i biomarcatori è esploso uno tsunami di significatività! Ma come fronteggiare questo tsunami? La disponibilità di un «numero» facile da leggere è, ad ogni modo, solo una apparente semplificazione del problema. Nonostante sia stato proposto un gran numero dei nuovi peptidi, solo il BNP trova spazio nelle Linee Guida internazionali. Ma perché andare oltre il BNP? Il nostro povero BNP non ha fatto bene il suo lavoro? Purtroppo, a fronte di una notevole sensibilità per identificazione della presenza di sofferenza cardiomiocitaria, i peptidi natriuretici risultano alquanto aspecifici. È nata quindi l’esigenza di cercare nuovi marker a supporto dei nostri tanto amati peptidi natriuretici, che mirano ad una maggiore informatività sullo stato di attivazione dei meccanismi di progressione della malattia e risposta alla terapia. Ma cosa chiediamo al nostro nuovo “biomarcatore”? Come ci orientiamo nella pratica clinica per un utilizzo appropriato? Riusciamo a tracciare in maniera specifica processi più fini nella storia naturale del paziente con scompenso cardiaco? Riusciamo ad identificare una risposta al trattamento in modo più oggettivo? Per rispondere a queste domande ci aiuteranno i relatori del Minimaster in sala Village di Levante dove gli aspetti più peculiari dei biomarcatori verranno affrontati. Si cercherà di fornire informazioni utili al fine di razionalizzare al meglio il loro utilizzo nei diversi scenari clinici e terapeutici, fornendo nozioni per il “giusto peso” dei vari biomarcatori negli specifici assi implicati nella fisiopatologia della progressione dello scompenso cardiaco e del danno miocardiaco. La sessione si aprirà con un focus sui biomarcatori utili nella identificazioni di peptidi coinvolti in uno dei più importanti assi fisiopatologici dello scompenso come la funzione e lo stress emodinamico, seguirà la relazione del Dott. Passino illustrando un uso razionale dei nuovi biomarcatori di danno miocardico. Al Dott. Latini verrà affidato il duro compito di descrivere e selezionare i biomarcatori realmente utili in tema di rimodellamento e fibrosi miocardica. In una sindrome come lo scompenso cardiaco dove il danno renale è strettamente legato al nostro cuore, il minimaster non può non concludersi senza dare spazio a biomarcatori di funzione e danno renale.