MY APPROACH TO LA DECONGESTIONE DEL PAZIENTE CRONICO AVANZATO

di Raffaele Abete

Nella sessione mattutina in Sala del Borgo, moderata dal Dottor Massimo Milli, si è discusso del trattamento della congestione nel paziente con scompenso cardiaco cronico avanzato. La prima relazione è stata tenuta dal Dottor Pulignano, che si è focalizzato sulla strategia del blocco sequenziale del nefrone. Dalle ultime linee guida europee, lo scompenso cardiaco avanzato è definito come la persistenza di segni e sintomi di insufficienza cardiaca (NYHA III-IV) e severa disfunzione cardiaca definita da almeno una tra: FE < 30%, scompenso cardiaco destro isolato, anomalie congenite e/o valvolari non correggibili chirurgicamente. La congestione è invece definita come presenza di segni e sintomi di scompenso causati da accumulo di fluidi che esita in aumento delle pressioni di riempimento cardiache; in un position statement della HFA pubblicato nel 2019 viene classificata in grado lieve, moderato e severo sulla base di caratteristiche cliniche, biochimiche e strumentali.

La congestione impatta notevolmente sulla prognosi di questi pazienti, contribuendo al deterioramento della funzione renale in quanto l’aumento della pressione venosa centrale riduce il gradiente netto di filtrazione glomerulare da 14 a 4 mmHg, come dimostrato da Mullens et al. Purtroppo, è tipico dei pazienti avanzati un certo grado di resistenza ai diuretici, per diversi meccanismi di natura pre-renale (congestione venosa), intratubulare pre-ansa di Henle (aumentato riassorbimento di sodio al tubulo prossimale), a livello dell’ansa per ridotta azione dei diuretici e post-ansa per aumentato riassorbimento compensatorio distale di sodio. Il concetto di blocco sequenziale del nefrone mira quindi a scardinare questa resistenza, combinando l’azione di diuretici con differente meccanismo d’azione al fine di espletare un’azione sinergica. Una state-of-art Review pubblicata su JACC nel 2020 suggerisce di aggiungere sequenzialmente, ai diuretici dell’ansa, una prima linea di diuretici tiazidici (metolazone) e, a seguire, come seconda linea, acetazolamide, amiloride o anti-aldosteronici. Più recentemente, alcuni studi hanno analizzato questo aspetto, con differenti risultati. Il CLOROTIC trial ha osservato come l’aggiunta di idroclorotiazide alla terapia con diuretici dell’ansa migliori la risposta diuretica al prezzo però di un deterioramento della funzione renale, mentre l’ADVOR ha sancito l’efficacia di acetazolamide nell’ottenere la decongestione clinica, stimata dal Congestion score. Ultimi ma non meno importanti, gli SGLT2i rappresentano un’arma in più nel trattamento della decongestione, sfruttando la loro azione farmacologica che, come sappiamo, si accompagna ad un buon profilo di tollerabilità, riduce il rischio di iperkaliemia e contribuisce al miglioramento stesso della funzione renale. La seconda relazione, tenuta dal Dottor Babuin, ha invece approfondito l’impiego delle tecniche dialitiche nelle forme di insufficienza renale refrattaria. Le tecniche dialitiche rappresentano una strategia terapeutica cruciale per i pazienti affetti da scompenso cardiaco cronico avanzato, specialmente quando la gestione dei fluidi diventa complessa. La ritenzione di liquidi è una delle complicazioni principali in questi pazienti, aggravando i sintomi e aumentando il rischio di ospedalizzazioni e mortalità. Tra le metodiche utilizzate, l’emodialisi, la dialisi peritoneale e le terapie di ultrafiltrazione sono le più comuni. L’emodialisi è una tecnica in cui il sangue viene filtrato attraverso una macchina esterna. Questo processo rimuove rapidamente i fluidi in eccesso e i prodotti di scarto dal sangue, fornendo un sollievo sintomatico significativo. Tuttavia, la rapida rimozione dei fluidi può causare instabilità emodinamica in pazienti fragili, richiedendo un’attenta supervisione medica.

La dialisi peritoneale offre un’alternativa meno invasiva, utilizzando il peritoneo come membrana di filtrazione naturale. Questa metodica consente una rimozione dei fluidi più graduale e continua, riducendo il rischio di sbalzi pressori e migliorando la tollerabilità nei pazienti con scompenso cardiaco. La dialisi peritoneale può essere eseguita a domicilio, aumentando la qualità della vita del paziente e riducendo la necessità di frequenti visite ospedaliere. Le terapie di ultrafiltrazione sono specificamente progettate per la gestione dei fluidi nei pazienti con scompenso cardiaco. Queste tecniche, eseguite spesso in ambiente ospedaliero, permettono una rimozione molto precisa dei liquidi, aiutando a stabilizzare le condizioni del paziente senza compromettere la funzione renale. L’ultrafiltrazione è particolarmente utile nei casi di resistenza ai diuretici, fornendo un’opzione terapeutica efficace quando i farmaci tradizionali falliscono, in classe IIa nelle ultime linee guida ESC 2021 sullo scompenso cardiaco. La scelta della tecnica dialitica più appropriata dipende da vari fattori, tra cui la stabilità emodinamica del paziente, la presenza di comorbidità, le preferenze individuali e la disponibilità delle risorse. Un approccio personalizzato è essenziale per ottimizzare i risultati clinici e migliorare la qualità della vita nei pazienti con scompenso cardiaco cronico avanzato. La collaborazione multidisciplinare tra cardiologi, nefrologi e altri specialisti è fondamentale per garantire una gestione ottimale e integrata di queste complesse condizioni cliniche.

 

Raffaele Abete
Raffaele Abete