Anche quest’anno la ormai tradizionale Convention delle UTIC non ha deluso i partecipanti, in quanto a interesse e attualità dei temi trattati. È partito il Dott. Francesco Chiarella affrontando quelle che sono le criticità della rete Hub and Spoke, per la gestione dell’infarto. Molte le esperienze italiane che hanno dimostrato peraltro di poter impattare positivamente sulla prognosi, ma anche molte le ombre nel panorama nazionale. Innanzitutto il modello Hub and Spoke per molti aspetti potrebbe apparire un modello superato: l’afferenza allo Spoke genera ritardi che potrebbero essere migliorati pensando ad un modello FAST-HUB h 24. Ma questo modello ha bisogno di essere portato a regime e adattato alle singole realtà. Gli obiettivi della Rete sono quelli di aumentare la quota di STEMI riperfusi (manca 20 – 35%), di velocizzare i percorsi, di aumentare la teletrasmissione ECG, sperimentare tecnologie avanzate. È inoltre importante, monitorare prestazioni di rete non solo in termini di numero pPCI. In questo senso è opportuno per migliorare la rete del futuro conoscere e monitorare la rete STEMI attuale e costituirsi interlocutori al tavolo regionale di applicazione della Legge Balduzzi. Il Dott. Filippo Ottani ha poi affrontato l’argomento della cardioprotezione del miocardio ischemico nella fase riperfusione. Il recente Trial Cycle con l’utilizzo della ciclosporina è risultato neutro ma ci sono alcune nuove opportunità terapeutiche e forse anche meccaniche di miglioramento della perfusione miocardica. La validità di questi approcci deve al momento essere confermata. Maddalena Lettino ha poi trattato il tema della riperfusione del paziente con NSTEMI. Le sindromi coronariche acute non ST sopralivellato sono le patologie ischemiche più frequenti e associate con una elevata mortalità e comorbidità, nonostante quello che possa essere il comune sentire. Il miglior approccio terapeutico è senza dubbio quello che tiene conto strettamente del rischio di reinfarto e morte di ogni singolo paziente che a sua volta guida la scelta di una terapia invasiva o conservativa e in quali tempi. È certo che i pazienti con troponina positiva, cambiamenti dinamici dell’elettrocardiogramma e comorbidità dovrebbero essere immediatamente valutati per una approccio invasivo e un trattamento terapeutico aggressivo. Infine il Dott. Luigi Oltrona Visconti ha fatto un ampio excursus sul paziente fragile, una tipologia di pazienti che tutti noi trattiamo e conosciamo ma che spesso non riusciamo a identificare correttamente. E ci sono oggettivi dati di fatto a supporto della utilità di avere una valutazione oggettiva della fragilità del paziente con diverse forme di cardiopatia. Si è dimostrato infatti che la fragilità è un criterio che rappresenta all’analisi multivariata un predittore forte di mortalità. Purtroppo la determinazione della fragilità raramente è considerato nella pratica clinica. C’è infatti un bisogno di studi prospettici, se possibile randomizzati, per valutare il beneficio delle pratiche nei pazienti fragili. L’uso combinato di fragilità e comorbidità, può costituire un predittore di rischio dei pazienti cardiovascolari con bisogni complessi.