CORSO AVANZATO PER UNA CONSULENZA CARDIOLOGICA PREOPERATORIA APPROPRIATA E SICURA

di Martina Milani
Tips and tricks per districarsi nella pratica clinica in un contesto molto insidioso.

Sul finire della terza giornata congressuale, si è tenuto un utilissimo corso, moderato dai dottori Niccolò Grieco e Paolo Silvestri, volto a fornire strumenti pratici per affrontare il complesso mondo delle consulenze richieste al cardiologo in previsione di un intervento di chirurgia non cardiaca e oggetto del corposo documento ESC pubblicato lo scorso anno.

Il dottor Andrea di Lenarda ha presentato il Protocollo dell’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste – Anno 2019) come esempio di PDTA per definire quando la consulenza cardiologica è necessaria, quando inappropriata e per definire le priorità. Il percorso di attivazione della consulenza preoperatoria, induttore di importanti carichi di lavoro in un reparto cardiologico, va condiviso con le strutture coinvolte, con l’obiettivo di arrivare alla massima (ragionevole) appropriatezza prescrittiva. Bisogna ricordare che la consulenza non ha lo scopo di fornire una liberatoria per l’intervento, ma valuta lo stato cardiologico per migliorare la gestione del paziente e ridurre i rischi correlati all’intervento, in stretta collaborazione con anestesista e chirurgo. La consulenza ha significato solo se l’opinione del cardiologo modifica la gestione clinica o il programma anestesiologico o chirurgico. Dato che nella realtà spesso le richieste sono improprie, bisogna imparare a gestirle e porre attenzione per non rischiare di contribuire al sovraccarico del sistema, con richieste strumentali con bassa probabilità di incidere sul miglioramento del percorso del paziente. Un’ultima nota, la lettera di dimissione chiara e un paziente ben informato contribuiscono a ridurre l’ansia, a ridurre percorsi impropri e talvolta anche prescrizioni irragionevoli.

A seguire, il dottor Maurizio Giuseppe Abrignani ha suggerito un modello molto chiaro ed esaustivo di scheda per la richiesta e la refertazione di una consulenza cardiologica preoperatoria, finalizzato a guidare passo dopo passo gli specialisti. Si tratta di uno strumento di lavoro che comprende dati come età, rischio dell’intervento, presenza di fattori di rischio (nella scheda è utile riportare le definizioni precise e i cut off) e di patologie cardiovascolari, il dato della capacità funzionale (scarsa se < 4 METS), l’esame obiettivo e la terapia domiciliare. Tutti questi dati devono essere forniti dal medico che segue il malato (anestesista o chirurgo) e non devono essere ricercati dal cardiologo consulente. Il suo compito è quello di fornire un percorso diagnostico-terapeutico utile per il paziente elaborato dopo aver valutato l’obiettività e il risultato di eventuali indagini ritenute utili (test imaging, coronarografia) e fornire consigli per la corretta gestione terapeutica del paziente. Tre elementi fondamentali nella valutazione cardiologica preoperatoria sono l’interpretazione del tracciato ECG e le decisioni in merito alla terapia anticoagulante e antiaggregante.

Per quanto riguarda il primo punto, l’elettrocardiogramma è uno degli strumenti più utili e utilizzati nell’inquadramento cardiologico del paziente in previsione di un intervento chirurgico, anche se non va prescritto in maniera indiscriminata (ad esempio non deve essere eseguito nel paziente a basso rischio sottoposto a intervento a basso rischio). Esso, inoltre, può nascondere diverse insidie che potrebbero ingannare un occhio poco attento o inesperto o uno sguardo frettoloso, portando a mancata diagnosi o ad arrivare a percorsi inutili. Il dottor Gianluigi Tagliamonte ha efficacemente presentato una carrellata di casi emblematici: artefatti da tremore muscolare, errata posizione degli elettrodi, alterazioni della conformazione toracica come il pectus excavatum, tracciati interpretati erroneamente perché non contestualizzati dai dati anamnestici (ad esempio sospettare la presenza di spike inappropriati se non si conosce che il paziente è portatore di CCM), oppure dettagli che possono balzare all’occhio solo se si conosce la storia del paziente (ad esempio la famigliarità per morte improvvisa).

A proposito delle scelte di sospensione della terapia antiaggregante, soprattutto in caso di recente sindrome coronarica acuta, e di quella anticoagulante, i dottori Alberto Genovesi Ebert e Gianfranco Tortorici hanno presentato le più importanti evidenze in questo ambito. Tra le breaking news, il documento pubblicato su CHEST nel 2022, relativo proprio alla gestione della terapia anticoagulante nel perioperatorio.

Ultimi, ma non meno importanti, i preziosi consigli pratici del dottor Furio Colivicchi, giunto alla sua ultima relazione da Presidente ANMCO, su come ridurre il rischio medico-legale quando si svolge l’ingrato compito del consulente, “colui che ti ruba l’orologio per dirti che ora è” e potenziale vittima del “blame game”, dato che non è presente quando le cose devono essere effettivamente realizzate e quindi rappresenta il potenziale colpevole di ogni incidente, non avendo previsto tutte le possibili circostanze. Per tutelarsi, si deve ricordare che la documentazione clinica deve essere leggibile e chiara, le note anamnestiche e la definizione dello status praesens chiare ed esaustive, le principali evidenze derivanti da esami strumentali sintetizzate e contestualizzate, le indicazioni relative a terapia, monitorizzazione e setting clinico chiare e, possibilmente, condivise con le altre figure professionali coinvolte.

Molto importante è sottolineare anche che la consulenza non coincide con la semplice richiesta di un esame strumentale che il cardiologo esegue su richiesta di altro medico, il quale utilizzerà poi le conclusioni contenute nel referto per le proprie attività cliniche.

Infine, nessuno lavora mai da solo, ma in équipe: pertanto, ogni sanitario è responsabile non solo del rispetto delle regole di diligenza e perizia connesse alle specifiche ed effettive mansioni svolte, ma deve anche conoscere e valutare le attività degli atri componenti del gruppo, in modo da segnalare e porre rimedio ad eventuali errori posti in essere da altri, essendo la funzione del singolo professionista quella di essere garanzia nei confronti del paziente.

Martina Milani