Nella Sala dei Bastioni si è svolto un incontro stimolante moderato dal Dottor Marco Corda, incentrato sulla controversia riguardante il timing di impianto dell’ICD. La Dottoressa Maria Denitza Tinti e il Dottor Michele Antonio Clemente hanno presentato argomentazioni contrastanti riguardo al periodo ottimale per l’impianto.
La Dottoressa Tinti ha introdotto l’argomento sottolineando che la morte cardiaca improvvisa può avere genesi sia aritmica che da insufficienza di pompa e che il verificarsi della prima dipende da una serie di fattori come la fibrosi, il tono adrenergico e le disionie, elementi che concorrono a una cascata di eventi che possono causare tachiaritmie così come l’asistolia. In merito alle indicazioni di impianto di ICD, sono stati accennati i risultati dello studio DANISH che supportano un approccio più conservativo nella cardiopatia non ischemica, ponendo l’indicazione al defibrillatore ad un grado inferiore di raccomandazione nelle linee guida ESC. Ciononostante, la Dottoressa Tinti sottolinea che il rischio residuo di morte cardiaca improvvisa nei pazienti cardiopatici soprattutto ischemici non è irrilevante, come supportato anche dallo studio WEARIT II. Viene inoltre evidenziata l’importanza di un rapido miglioramento della terapia farmacologica, come dimostrato dal protocollo STRONG-HF, che ottimizza la terapia entro 6 settimane. Ottimizzando la terapia in anticipo, si riduce il tempo di attesa per la decisione sull’impianto del defibrillatore, consentendo una valutazione precoce per l’impianto. Sarebbe inoltre utile identificare i pazienti a rischio di eventi aritmici potenzialmente letali oltre alla sola frazione d’eiezione: i dati di machine learning mirano a individuare fattori di rischio come una FE molto bassa all’inizio, la durata della malattia e l’indice di massa del ventricolo sinistro. In un mondo ideale, una corretta fenotipizzazione dei pazienti, una rapida ottimizzazione terapeutica come da STRONG-HF e una prescrizione efficace delle terapie potrebbero consentire una decisione sull’impianto del defibrillatore anche prima dei tre mesi.
In contrasto, il Dottor Michele Antonio Clemente ha sostenuto che tre mesi non siano sufficienti per decidere l’impianto di un ICD, e che sia necessario un periodo di attesa più lungo. Ha presentato la flowchart ANMCO per l’uso del defibrillatore indossabile in attesa della decisione sull’impianto, evidenziando che la maggior parte dei pazienti non necessiterà di un defibrillatore a lungo termine. Ha discusso le varie forme di aritmie ventricolari nelle cardiopatie ischemiche, distinguendo tra aritmie pre-riperfusione, post-riperfusione precoci e tardive, e ha sottolineato come la frazione d’eiezione sia il principale fattore di rischio, specialmente sotto il 30%. Ha anche evidenziato che i pazienti con una FE superiore al 40% non sono esenti dal rischio di morte cardiaca improvvisa. Ha argomentato che i meccanismi di morte improvvisa post-infarto non sono esclusivamente aritmici, citando uno studio di autopsia che ha mostrato come la morte cardiaca nei primi mesi dall’infarto possa derivare anche da rotture cardiache, specialmente nel primo mese. Ha sottolineato che, anche se si segue il protocollo di rapida ottimizzazione terapeutica dello STRONG-HF, ciò non implica che i farmaci abbiano terminato di agire sul reverse remodelling a tre mesi. Le curve di mortalità continuano a migliorare anche dopo questo periodo. Infine, ha sottolineato che, anche da un punto di vista medico-legale, le linee guida consigliano di aspettare almeno tre mesi prima di impiantare, e quindi non è necessario impiantare subito alla scadenza dei tre mesi. Ha sottolineato che il defibrillatore indossabile offre una soluzione temporanea che consente di evitare impianti futili, dando tempo ai pazienti di rispondere alle terapie farmacologiche e facilitando un work-up diagnostico completo.
Il dibattito tra la Dottoressa Tinti e il Dottor Clemente ha messo in luce la complessità della decisione sul timing di impianto dell’ICD. Mentre la prima propone un approccio più aggressivo e tempestivo, il secondo sostiene un periodo di attesa più lungo per garantire l’ottimizzazione della terapia e una corretta valutazione del rischio. La discussione ha evidenziato la necessità di ulteriori ricerche e personalizzazione delle cure per migliorare gli esiti dei pazienti.