INCONTRO CON L’ESPERTO
COME RIDURRE LA GASTROLESIVITÀ DEI FARMACI ANTITROMBOTICI

di Antonella Spinelli

Nella sessione odierna il Dott. Maurizio Abrignani, attuale Chairperson dell’Area Cronicità Cardiologica ANMCO, ha affrontato il tema del rischio emorragico dei farmaci antitrombotici e antiaggreganti e di come è possibile ridurne la gastrolesività. A seconda dei diversi studi in letteratura, non sempre comparabili perché basati su popolazioni diverse, è chiara l’evidenza che gli anticoagulanti diretti (DOAC) riducono il rischio emorragico cerebrale ma aumentano quello gastrointestinale (GI) nel 23-25% dei casi rispetto al warfarin, con una minore tendenza alla gastrolesività a favore di apixaban ed edoxaban. Il Dott. Abrignani è l’autore di un articolo in merito a questo tema, pubblicato sull’European Journal of Internal Medicine nel 2021, che ha l’obiettivo di chiarire quale terapia possiamo utilizzare, in quali pazienti e con quali indicazioni. I farmaci attualmente disponibili sono gli inibitori di pompa protonica (PPI) e la possibilità di associare l’acido acetilsalicilico (ASA) con l’idrossido di magnesio. Le evidenze in letteratura confermano l’effetto gastroprotettivo dei PPI rispetto agli antagonisti dei recettori H2. Alcune controversie sono nate in merito all’associazione di omeprazolo e clopidogrel per l’evidenza di una ridotta capacità antiaggregante del clopidogrel a fronte di una efficacia invariata in termini di prevenzione cardiovascolare. Questo accade perché entrambi i farmaci vengono metabolizzati a livello epatico dallo stesso citocromo P452C19 (CyP2C19), in cui riveste un ruolo specifico il background genetico (mutazione omozigote di CyP2C19). I dati del mondo reale evidenziano che purtroppo la prescrizione dei PPI non è elevata. In Italia la prescrizione è regolata dalla nota 1 e 48. La nota 1 consente la prescrizione a carico del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) in presenza di almeno una delle seguenti condizioni di rischio: storia di pregresse emorragie digestive o di ulcera peptica non guarita con terapia eradicante, concomitante terapia con anticoagulanti o cortisonici ed età avanzata (definita dall’OMS > 65 aa). La nota 48 è limitata al trattamento in fase acuta (4-6 settimane) per le condizioni di ulcera H. pylori positiva o negativa e malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE). Il trattamento a lungo termine è coperto dal SSN solo se la malattia è recidivante. Cosa dicono le LG sul tema? Le LG americane raccomandano l’uso dei PPI in pazienti che assumono la duplice terapia antitrombotica (DAT) e in presenza di multipli fattori di rischio per emorragia GI. Le recenti LG ESC sull’infarto miocardico senza sopraslivellamento ST (NSTEMI) raccomandano l’uso di PPI in pazienti che assumono monoterapia con ASA (SAPT), duplice terapia antiaggregante (DAPT), triplice terapia antiaggregante (TAT), DAT o monoterapia con DOAC, se ad alto rischio di emorragia GI. Ricapitolando le raccomandazioni sono le seguenti: in pz con SAPT è indicato PPI se presenti dei fattori di rischio per emorragia GI comprendenti storia di pregressa ulcera o emorragia, uso concomitante di terapia antiaggregante, di warfarin o DOAC, concomitante uso di FANS e di steroidi oppure, in assenza di questi, almeno due fattori comprendenti età > 65 aa, uso di steroidi, sintomi dispeptici e MRGE. In pz in SAPT senza fattori di rischio non c’è indicazione all’uso di PPI. Nei pazienti che assumono clopidogrel è consigliabile utilizzare rabeprazolo o omeprazolo ed evitare pantoprazolo per l’interferenza metabolica sul citocromo P450. Non ci sono restrizioni particolari per il prasugrel e il ticagrelor. Nei pazienti con DAT, DAPT e TAT è indicata la tp con PPI. Nei pazienti che necessitano di monoterapia con anticoagulante DOAC o warfarin è indicata la terapia con PPI in presenza di almeno uno dei fattori di rischio citati precedentemente.

 

Antonella Spinelli ANMCO
Antonella Spinelli